Giorgio Palù, l’architetto di Cremona che ha rivoluzionato l’idea della sala concerti a Stoccolma (per la regina)- Corriere.it

2022-10-22 19:36:55 By : Ms. Lillian Yang

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Il 7 giugno l’inaugurazione del «Queen Silvia Concert Hall»: auditorium da 300 posti con gli spettatori che «fluttuano» passeggiando su balconate sospese. Finanziatore del progetto è Stefan Persson, titolare della Ramsbury (H&M). L’architetto: ricerca e sperimentazione totale

Tutto è iniziato nel 2015 con una mail inviata da Stoccolma a Cremona, dalla scuola della Lilla Akademien a Giorgio Palù, talentuoso e istrionico architetto cremonese , titolare dello studio Arkpabi, che nella città del Torrazzo aveva già progettato l’Auditorium Giovanni Arvedi, un capolavoro di architettura e ingegneria acustica da 464 posti, situato all’interno del Museo del Violino. Un unicum in Europa che a Palù è poi valso il prestigioso premio Compasso d’Oro Adi. «Stoccolma era interessata a realizzare una nuova sala concerto in grado di ospitare diverse formazioni musicali. Dal solista alla grande orchestra», spiega Palù. I primi incontri, le lungaggini, «a sorpresa» della burocrazia svedese, l’inizio dei lavori a fine 2019, lo stop dovuto al Covid. Il 7 giugno prossimo sarà ufficialmente inaugurato «Queen Silvia Concert Hall» , la sala concerti dedicata alla regina Silvia di Svezia, moglie di Re Carlo XVI Gustavo. Un gioiello da 300 posti dove gli spettatori fluttuano, passeggiando su balconate sospese, «in uno spazio di ispirazione e concentrazione, in grado di creare una relazione immediata tra l’architettura e il suono, la musica, i musicisti e il pubblico», racconta l’architetto. Finanziatore del progetto è Stefan Persson, titolare della Ramsbury , l’immobiliare della famiglia alla guida del colosso di abbigliamento H&M, «il maggior sostenitore dell’iniziativa insieme a tanti altri benefattori che l’hanno sostenuta».

Torna al 2015, Palù, al primo incontro, a Cremona, con il direttore artistico, il direttore d’orchestra, l’inglese Mark Tatlow, e con il primo violino Ugo Ticciati, fratello minore di Robin Ticciati famoso direttore d’orchestra britannico. «Sono venuti a vedere l’Auditorium. Si sono innamorati della sala, hanno coinvolto anche l’ingegnere Yasuhisa Toyota», l’ingegnere che, a Cremona, aveva curato l’acustica dell’Auditorium Arvedi. «Volevano lo stesso team». Palù vola a Stoccolma. «Sono andato a vedere lo spazio all’interno della Lilla Akademien , ma quello che avevano individuato era inadeguato e troppo piccolo. Come mia prima presentazione non è stata male — ride il progettista —. Alla direttrice della scuola Nina Balabina ho chiesto di farmi vedere gli altri spazi e dopo aver individuato quello più adatto, li ho convinti a cambiare. Lo spazio era baricentrico nella scuola e molto più grande». Parte l’avventura. «Abbiamo cominciato a scambiarci delle mail, convergendo sulle linee guida concettuali. Ci siamo visti due, tre volte finché in visita a Cremona è venuto Peerson con un gruppo di amici». L’occasione: il concerto all’Auditorium Giovanni Arvedi della Lilla Akademien, il 25 gennaio 2016. «Peerson mi ha conosciuto, ci siamo confrontati e ha deciso di affidarmi l’incarico». Inizia il conto alla rovescia con «un iter burocratico inaspettatamente lungo a Stoccolma». Tra progettazione, presentazione al Comune e varie attese, i lavori cominciano nel 2019 . Comprendono anche la ristrutturazione della scuola, su progetto di Palù.

L’intitolazione alla regina Silvia

«Durante il percorso — prosegue Palù — si era ventilato un coinvolgimento della famiglia reale da parte della scuola. La regina aveva apprezzato molto la sala e sembrava essere interessata a che fosse a lei intitolata». L’ufficialità arriva quattro mesi fa. «Per me è stata una grande soddisfazione e motivo di orgoglio», sottolinea l’architetto. Con l’ufficialità, in agenda si fissa la data del vernissage: martedì 7 giugno prossimo. «Da quel giorno, i lavori sono diventati sempre più pressanti». Palù intensifica i viaggi, su e giù dagli aerei. «Se i voli prima erano mensili, poi sono diventati bisettimanali e nell’ultimo mese, settimanali».

«La sala ha solo 300 posti, ma è dotata di uno stage molto grande: nasce come spazio sperimentale , che è stato uno degli obiettivi condivisi sin da subito tra me e Tatlow. Uno spazio in grado di ospitare performance di svariati generi musicali, ma anche di interpretare la musica del futuro, immaginando, in alcune occasioni, di sovvertire addirittura l’ordine canonico: il pubblico nello stage, l’orchestra sulle balconate . Ho trovato un substrato culturale veramente vivace: sono grandi appassionati di musica ma, soprattutto, ho trovato la volontà di guardare avanti e di confrontarsi con la musica contemporanea. È una sala innovativa, uno spazio per diverse performance, flessibile, che si presta ad ospitare importanti orchestre. Uno spazio veramente sperimentale, un unicum». Sperimentare è la filosofia di Palù . «Ricerca e sperimentazione sono alla base del mio fare architettura, un modus operandi dispendioso in termini di energie, ma stimolante che guida il mio agire sempre alla ricerca di nuove strade. La sala sarà un centro di scambio musicale ed educativo senza barriere fisiche con la possibilità di connettersi con una rete mondiale di artisti e organizzazioni artistiche di primo piano».

La sperimentazione anche nel foyer

«Nell’Auditorium intitolato a ‘Queen Silvia’, il foyer non si trova, come ci si potrebbe aspettare, al piano terra, ma in alto: lo spettatore viene portato da un grande ascensore al terzo piano dell’edificio, appunto il foyer . L’ho voluto portare in cima per consentire al pubblico di godere della vista panoramica su tutta la sala, iniziando l’esperienza musicale con una inaspettata promenade architecturale , passeggiando sulle balconate sospese sino a raggiungere le audience poste in basso. Le fughe e i legati musicali informano il rincorrersi e l’intreccio continuo di passerelle e volumi come in un grande abbraccio in una armonia di forme e colori». E ancora, «una sala disegnata e plasmata dalla musica e dalle onde sonore . Volevo creare uno spazio che desse la sensazione del movimento e della fluidità, uno spazio che evolvesse senza soluzione di continuità: le balconate appese in cielo sembrano fluttuare nel nulla, realizzate con forme organiche naturali. Sembrano seguire una danza e disegnano un andamento sinuoso in orizzontale e in verticale. Sono le onde sonore che si diffondono nella sala, creando un tutt’uno. Una osmosi tra il design e il suono che concorrono alla creazione di un oggetto unico, ibrido, fluido e sfuggente».

La fluidità fonte di ispirazione

«La fluidità è insita nel movimento continuo del nastro rosso utilizzato dalle danzatrici ritmiche». L’architetto racconta un aneddoto. «Quando in Accademia ho incontrato tutto lo staff della scuola, e di Ramsbury insieme al Sovrintendente di Stoccolma per presentare per la prima volta il progetto, ho aperto l’iPad e nel silenzio assoluto, ho mostrato le immagini della danzatrice ritmica russa che aveva vinto le Olimpiadi. Ho chiesto di pazientare un minuto: ‘Voglio realizzare un’architettura che si libra in cielo con l’elegante leggerezza di questo nastro rosso che si srotola da terra e comincia a girare appunto in cielo: ha una musicalità intrinseca’». Altra particolarità: lo spettatore deve sentirsi immerso nella natura . «Le pareti di fondo sono due quinte scenografiche di notevole impatto; sembrano non appartenere alla sala, un contrasto cercato che risponde alla volontà di creare uno spazio ‘senza pareti’, infinito, idealmente immerso nella natura circostante per affermarne il genius loci. Ho realizzato immagini particolari: le viste dell’arcipelago di Stoccolma dal satellite con le isole realizzate in acciaio lucido specchiato che creano un gioco di riflessi e di immagini frammentate che acuiscono l’idea di uno spazio asimmetrico, sincopato, ma forte di un’ armonia assoluta nei colori che declinano le tonalità degli ottoni dell’orchestra».

Le tonalità: dal bronzo caldo all’oro ricco «con una sfumatura continua che ho utilizzato anche per il legno: alla base si trova il colore degli strumenti della liuteria cremonese, a cui abbiamo sovrapposto sfumature ad aerografo nei colori dell’oro e del bronzo per armonizzare il tutto, creando un senso di calore, intimità e di rilassatezza». Le stesse tonalità utilizzate da Palù per le lampade da lui progettate. «Ricordano la forma delle trombe e degli ottoni anch’esse riflettenti in un infinito gioco di riverberi, luce e colori». «Queen Silvia Concert Hall», un gioiello all’altezza di sua maestà, regina Silvia di Svezia, che la sala l’ha vista una sola volta, quattro mesi fa, durante un sopralluogo privato. Allora, era un cantiere.

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