QUOTIDIANO di informazione e approfondimento medico diretto da Nicoletta Cocco
di insalutenews.it · 15 Luglio 2022
Prof. Gian Luigi Marseglia, Presidente della Società Italiana di Allergologia Pediatrica (SIAIP) e Direttore della Clinica Pediatrica della Università degli Studi di Pavia, Policlinico San Matteo: “Oltre alle più diffuse allergie cutanee come l’orticaria o le allergie da contatto, non vanno sottovalutate neppure quelle alimentari o da punture di insetti o da meduse. Inoltre i cambiamenti climatici hanno modificato il periodo della pollinazione che ormai non è più limitato alla primavera”
Si stima che durante il periodo estivo circa 1 milione di persone presentino almeno 1 episodio di orticaria acuta (pomfi, lesioni cutanee migranti eritemato-edematose e pruriginose).Tra i più piccoli chi ne soffre invece corrisponde al 10% della popolazione pediatrica. In cima alle motivazioni c’è la sudorazione che aumenta il prurito, seguita dai raggi solari e l’acqua di mare che irritano la cute, dalla temperatura elevata che provoca l’insorgenza di sintomi cutanei, e dai fattori dietetici (maggior consumo di pesche, fragole, crostacei, coquillage e vino) che contribuiscono a incrementare il rischio di orticaria.
“L’applicazione di cosmetici solitamente usati nel periodo estivo (oli per capelli, creme o filtri solari con conservanti, profumi, etc.) può determinare un’orticaria da contatto che può rimanere localizzata oppure anche estendersi. Per ridurne il rischio suggerisco alcuni accorgimenti come quello di fare docce con acqua dolce e subito dopo il bagno in mare – dichiara il prof. Gian Luigi Marseglia, Presidente della Società Italiana di Allergologia Pediatrica (SIAIP) e Direttore della Clinica Pediatrica della Università degli Studi di Pavia, Policlinico San Matteo – proteggere la cute con cappelli e magliette soprattutto durante le ore più calde. Anche a tavola è importante evitare l’assunzione di cibi ricchi in istamina e/o istamino-liberatori che potrebbero indurre o peggiorare la sintomatologia cutanea, come ad esempio pesche, fragole, pesce e crostacei”.
Tra i prodotti più comunemente incriminati per l’insorgenza di dermatite atopica, ci sono gli emulsionanti a base di cera di lana e alcoli della cera di lana, gli idratanti a base di urea, i prodotti ad alto contenuto di glicole di propilene, i profumi e soluzioni profumate; i prodotti che rilasciano formaldeide, i prodotti naturali, soprattutto se fotosensibilizzanti (es. il tea tree oil, il balsamo del Perù e la calendula officinalis).
“È bene prestare attenzione alla composizione dei tessuti per abbigliamento. La formaldeide e le resine presenti negli abiti sotto l’etichetta, le colle per il fissaggio degli accessori possono causare sensibilizzazione e dermatite da contatto. Se è diventata buona pratica leggere l’etichetta degli ingredienti sui cosmetici per identificare possibili allergeni – spiega Marseglia – è più difficile individuarne la presenza nei capi d’abbigliamento. La sostanza scatenante va rimossa e serve proteggere la pelle dai raggi solari. Da non sottovalutare la pratica comune sulle spiagge sempre più frequente tra gli adolescenti, dell’uso di tatuaggi temporanei all’henné. Quest’ultima sostanza se presente in forma non ossidata e a concentrazioni non note, è in grado di indurre sensibilizzazione cutanea anche alla prima applicazione o durante il ritocco del tatuaggio. La riesposizione può provocare l’insorgenza di dermatite da contatto che si manifesta con eritema, papule, vesciche talora essudanti, intenso prurito nell’area di applicazione”.
La dermatite atopica rappresenta la più frequente malattia infiammatoria cronica della cute in età pediatrica, con una prevalenza stimata tra il 16 e il 20% (lesioni eritematose, papule e vescicole, lesioni crostose da grattamento). La buona notizia è che migliora generalmente per azione dei raggi ultravioletti (circa l’80% delle persone affette) esercitando un’azione battericida e riducendo lo stato infiammatorio cutaneo, sommati ai benefici dall’acqua di mare per la presenza di minerali quali cloro, bromo, calcio, magnesio e iodio.
“Per massimizzare i risultati si consiglia di protrarre l’esposizione solare per almeno tre settimane, prediligendo località dal clima secco per limitare l’eccessiva sudorazione. Il sudore, la salsedine e l’esposizione solare potrebbero infatti peggiorare le lesioni cutanee, favorendo l’insorgenza e il mantenimento di uno stato infiammatorio. È fondamentale la protezione della cute dagli effetti nocivi dei raggi UV – prosegue Marseglia – a partire dai cappelli e dalle magliette, soprattutto per i bambini sotto ai 2 anni dove è consigliabile un’esposizione nelle ore più fresche della giornata meglio ancora se la protezione solare viene spalmata almeno mezz’ora prima. Mi raccomando sempre di applicarla anche nelle zone coperte dal costume o se il piccolo è al riparo sotto l’ombrellone. Un altro accorgimento per tutte le mamme è quello di non applicare i residui di creme solari della stagione precedente perché i filtri solari, soprattutto quelli chimici, sono soggetti a degradazione. Evitate anche di tenere a lungo il costume bagnato poiché gli sbalzi termici possono favorire il prurito e preferite usare costumi di cotone e privi di cuciture, che potrebbero irritare la cute ipersensibile”.
Si stima che in Italia oltre 5.000.000 di persone vengano punte ogni anno dagli imenotteri e circa il 5% sviluppi una reazione allergica sistemica. Le punture di questi insetti riguardano più di 500.000 bambini e adolescenti di cui circa il 5% ha una reazione allergica. Inoltre le spiagge, le coste e il mare, espongono i piccoli pazienti al morso di meduse il cui contatto induce una reazione irritativa nella zona lesa, caratterizzata da sintomatologia molto dolorosa.
“Non tutte le reazioni irritative hanno come rischio quello di una possibile risposta anafilattica, che fortunatamente resta un evento raro soprattutto in età pediatrica. Nel caso di manifestazione moderata-severa si rende necessario l’accesso al più vicino Pronto Soccorso per la risoluzione dell’episodio acuto e una successiva presa in carico da un centro allergologico specialistico. Per le punture di meduse invece – interviene Sara Manti, Ricercatore in Pediatria, Università degli Studi di Messina – è bene evitare il grattamento, lavando via il veleno, rimuovendo i tentacoli dalla cute con acqua di mare e applicando sulla pelle un gel astringente al cloruro d’alluminio. Dimentichiamoci invece i prodotti a base di ammoniaca o i rimedi naturali quali urina, pietre calde o sabbia: potrebbero aumentare invece lo stato irritativo”.
Nella stagione estiva si registra un aumento dell’incidenza delle allergie alimentari per via di un maggiore consumo di cibi ricchi in istamina e/o istamino-liberatori quali frutta fresca di stagione, pesche, albicocche, susine, etc; pesce, crostacei e molluschi. “L’assunzione di questi alimenti, soprattutto se crudi, pone il paziente a più alto rischio di ingestione di parassiti allergizzanti, scatenando diverse reazioni, dall’orticaria allo shock anafilattico. È facile che le alte temperature alterino i cibi – conclude Manti – e se i processi di conservazione e la preparazione non sono adeguati, l’eventualità d’intossicazione alimentare è elevata”.
L’allergia oculare interessa oltre il 20% della popolazione. Tra le forme più comuni distinguiamo le congiuntiviti allergiche intermittenti e persistenti. Meno frequenti, ma più complesse per eziologia, evoluzione e gravità, sono la cheratocongiuntivite primaverile, quella atopica e la congiuntivite gigantopapillare.
Durante la stagione estiva è molto diffusa la recrudescenza di quella primaverile, malattia potenzialmente grave, che colpisce più frequentemente il sesso maschile, con esordio tra i 6 e i 7 anni (fotofobia, lacrimazione e sensazione di corpo estraneo, prurito e secrezione oculare) L’esposizione protratta ai raggi solari, all’acqua di mare o di piscina, la sabbia, possono indurre o accentuare questo tipo di allergia agli occhi.
“Al fine di prevenire o alleviare la congiuntivite allergica è opportuno rispettare alcune semplici regole igieniche e comportamentali come quella di lavare frequentemente le mani – aggiunge Michele Miraglia Del Giudice, professore Associato di Pediatria, Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli – evitare di sfregare gli occhi, usare lacrime artificiali, bere molta acqua per prevenire la disidratazione del corpo vitreo, adoperare appositi occhialini, indossare sempre durante l’esposizione solare lenti specifiche. Inoltre indossare un cappello a tesa larga può servire a proteggere al meglio gli occhi da superfici riflettenti come acqua e sabbia”.
Grazie all’esposizione solare e al mare, le patologie allergiche quali rinite e asma migliorano proprio nei mesi estivi poiché le alte temperature riducono la concentrazione di allergeni. Il soggiorno nelle località marine dal clima temperato rappresenta un innegabile vantaggio per tutti quei pazienti affetti da malattie respiratorie croniche, che risultano estremamente sensibili agli sbalzi termici.
“I cambiamenti climatici hanno inevitabilmente influenzato il calendario pollinico, inducendo un prolungamento della stagione pollinica anche nei mesi estivi, come per le graminacee. Nei mesi di luglio-settembre, sono particolarmente diffusi i pollini delle composite, come ad esempio l’ambrosia, l’assenzio e l’artemisia che possono causare riacutizzazione della sintomatologia. Il clima caldo-umido – conclude Miraglia Del Giudice – facilita la proliferazione degli acari della polvere, soprattutto negli ambienti interni delle case di villeggiatura in cui la bonifica ambientale non è stata effettuata per parecchi mesi. Anche le muffe rappresentano un potenziale pericolo in vacanza perché crescono soprattutto in condizioni di elevata umidità, sia all’interno che all’esterno delle abitazioni. È bene limitare il tempo all’aperto durante le giornate molto ventose, soggiornando in locali climatizzati da un deumidificatore”.
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Data ultimo aggiornamento: 22-10-2022